VIAGGIO E SCOPERTA INTERIORE: LA RICERCA DEL LUOGO IDEALE

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di ANTONELLA BIANCARDI

Mangiare un croissant a Parigi o un fish & chips a Londra; andare a rilassarsi alle terme di Bucarest, o assaporare una sacher torte a Vienna, in una sola giornata. Fino a qualche anno fa tutto ciò era pura fantascienza.

I costi erano spesso proibitivi, e quando si decideva di intraprendere un viaggio, non lo si faceva di certo durare ventiquattro ore. Al giorno d’oggi, però, va diffondendosi sempre più un nuovo tipo di turismo denominato “toccata e fuga”. E grazie a compagnie aeree low cost, che propongono biglietti a cifre irrisorie, si può decidere, senza pernottare, di fare un giro di qualche ora in qualsivoglia capitale europea.

Spesso però, con la spasmodica diffusione dei social network e il desiderio di notorietà a qualunque costo, si rischia di limitare il tutto ad una lunga lista di luoghi visti e vissuti da ostentare superficialmente.

Un’idea di viaggio agli antipodi rispetto a quella dei secoli precedenti, tanto caro alle generazioni passate, le quali consultavano le cartine geografiche, ricorrevano a pesanti elenchi telefonici per contattare le strutture e adoperavano macchine fotografiche con grossi quantitativi di rullini. Si andava, quindi, all’avventura, erano pochi gli italiani che si spingevano oltre confine per non incorrere in limiti dettati dalla lingua e da abitudini spesso percepite come troppo distanti dalle proprie.

Come nasce e si afferma biologicamente e socialmente il bisogno di viaggiare

Nel corso del primo ventennio dell’800 fece capolino, per la prima volta, un termine che oggi è molto in voga. Si tratta della parola Wanderlust – la cui matrice tedesca è il frutto dell’unione tra Wandern (vagare, errare) e Lust (desiderio) – assimilata, circa un secolo dopo, persino nella lingua inglese.

Attualmente, la si associa ad una “sindrome” definita “malattia del viaggiatore”, secondo la quale non si riesce a frenare il desiderio e il bisogno coattivo di visitare il mondo. Si è letteralmente ossessionati dal cercare voli e sistemazioni e finché non si parte si prova una sensazione di tristezza, di malessere, che solo lontani da casa, in un luogo mai visitato, si può placare.

Esistono studi in merito. Una ricerca condotta per la rivista scientifica Evolution and Human Behavior bimestrale che si occupa dello studio del comportamento umano, di psicologia e antropologia evolutiva e dell’evoluzione culturale – dimostrerebbe l’esistenza del “gene”, un recettore della dopamina D4, direttamente responsabile della passione per il viaggio. Sarebbe presente nel DNA di una parte della popolazione mondiale ammontante a circa il 20%.

Oltre ad una attribuzione meramente biologica, ci sono anche fattori sociologici che spingono le persone a muoversi verso nuovi luoghi. Spesso sono dei comportamenti che si acquisiscono da bambini, ossia, quando il viaggio è in realtà frutto dell’immaginazione. Anche la curiosità è una spinta motivazionale importante, è attraverso questa che ci si chiede cosa ci sia oltre i propri “confini” che induce ad allontanarsi dal proprio “mondo”.

Negli anni duemila, con la diffusione di Internet, di “app” specifiche, di motori di ricerca dedicati, tutto è a portata di click. Ci si scambia informazioni, feedback, addirittura itinerari precisi da seguire; si può addirittura visualizzare un punto esatto del globo, tanto che quando si raggiunge il luogo prescelto, si ha come la sensazione di esserci già stati, facendo così decadere, il piacere della scoperta.

Che siate “semplici turisti” o “veri viaggiatori”, che si viaggi low cost per pochi giorni, o si abbia una grande disponibilità economica e di tempo, lasciatevi avvolgere dal piacere della scoperta, che sia un piccolo borgo italiano, o un remoto villaggio africano, fate in modo che la vostra vita si arricchisca di colori, sapori, occhi.

Così, un giorno, si potrà dire di aver vissuto tante vite.