GLI STEP DEI VACCINI

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di ELISABETTA FESTA

Lo sviluppo di un vaccino inizia con l’individuazione del microrganismo che provoca la malattia, prosegue con lo studio delle modalità di diffusione e contagio – da quando entra nell’organismo umano a quando si replica – provocando una epidemia.

Dopo aver isolato il virus o il batterio vengono effettuati studi sperimentali in vitro, attraverso cui è possibile stabilire la composizione qualitativa/quantitativa della risposta anticorpale da evocare. Nel caso del virus Sars-Cov-2 queste ricerche preliminari sono state effettuate nei mesi di febbraio e marzo 2020.

A seconda del tipo di vaccino che si intende realizzare vengono prelevate alcune componenti – come la proteina spike – mediante le quali il virus entra nelle cellule umane. Si osserva il comportamento di tali componenti e il livello di tossicità, per poi valutare la tolleranza, la risposta immunitaria e l’efficacia. Per il  Covid-19 le prime formulazioni del vaccino sono state approntate nei mesi di aprile e maggio 2020, tre mesi dopo l’esplosione della pandemia. In questo lasso di tempo sono stati eseguiti test di fase I-II su modelli animali e in vitro per valutare il grado di sicurezza del vaccino.

Importante banco di prova nella corsa ai vaccini è il test sull’uomo effettuato su un numero limitato di volontari. Impossibile realizzare una sperimentazione totalmente priva di rischi. Si valutano tollerabilità, frequenza e gravità degli effetti collaterali, nonché la risposta anticorpale. La sperimentazione clinica, che necessita di un riferimento campionario ampio, inizia con una decina di volontari, aumentando man mano il numero di questi ultimi. Per il Coronavirus i primi test vaccinali sull’uomo sono iniziati sei mesi dopo la sua comparsa.

Successivamente la casa farmaceutica estende i test somministrati a pazienti sani mai entrati in contatto con il virus. I test in doppio cieco consistono nel dividere i volontari in due gruppi, uno dei quali assume il vaccino (gruppo sperimentale), mentre l’altro (gruppo di controllo) riceve un placebo, una sostanza farmacologicamente inerte.

I volontari, che partecipano alla sperimentazione dietro indennizzo, ignorano la loro appartenenza, se al gruppo dei vaccinati oppure a quello cui è stato somministrato il placebo. Questa sperimentazione clinica consente di valutare statisticamente l’assenza di effetti collaterali e il grado di protezione evocata.

Nello specifico si osserva quanti pazienti trattati con placebo si ammalano e quanti, invece, trattati con vaccino sperimentale respingono l’attacco del virus. Allorché emerga chiaramente la validità del vaccino sperimentato su migliaia di soggetti, l’azienda prepara un dossier e lo invia alle autorità competenti nazionali e internazionali. Per l’Italia vi è l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), in Europa, ad Amsterdam, vi è l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali).

L’attesa minima per l’uscita sul mercato di un vaccino è di un anno, a volte si arriva anche a dieci o addirittura a quindici anni. Le autorità competenti (o regolatorie), a fronte di dati confermativi, dichiarano i tempi di sperimentazione con procedura accelerata (“breakthrough therapy”), giustificata da una emergenza sanitaria (cosa che sta avvenendo per la pandemia Coronavirus).

La sperimentazione viene sospesa ogni qualvolta si riscontra una reazione anomala da parte di un volontario – come è capitato, ad esempio, per la azienda farmaceutica Astrazeneca Oxford, bloccata per un caso di mielite trasversa (infiammazione al sistema nervoso spinale) – per poi riprendere. Siccome ogni vaccino sarà replicato in milioni di dosi, anche un effetto collaterale apparentemente raro su un gruppo minimo di volontari, potrebbe assumere su grandi numeri una consistenza rilevante. Occorre, quindi, garantire l’assoluta sicurezza del farmaco vaccinale.

Ci vogliono almeno 24 mesi dall’inizio delle ricerche per produrre e distribuire su larga scala un vaccino collaudato. Al fine di misurare anche gli effetti collaterali che si presentano in percentuali minime, la sorveglianza continua anche dopo l’autorizzazione concessa dalle autorità preposte. Il vaccino anti-Covid sarà somministrato prima agli operatori sanitari e over 65. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha invitato le industrie a distribuire dosi proporzionate agli abitanti da proteggere, onde evitare la formazione di cartelli, accaparramenti e trattamenti di favore (Fonte:Quotidiano.net “Tutte le fasi di un vaccino” di Alessandro Malpelo).

Per contrastare il Coronavirus è scesa in campo anche l’Italia, dove, presso l’Ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma, è stata avviata la sperimentazione di un farmaco prodotto dalla ReiThera di Castel Romano. Inoltre, lo Stato italiano ha sottoscritto un’alleanza con Francia, Germania ed Olanda per ottenere un vaccino elaborato all’Università di Oxford, cui hanno collaborato alcuni scienziati nostrani. Infatti, il vettore virale (tecnica biotecnologica per rilasciare materiale genetico in una cellula) è stato realizzato da un’azienda di Pomezia.

Le ultime notizie su un vaccino efficace al 90%, prodotto dalla casa farmaceutica americana Pfizer e dalla tedesca BioNTech, preannunciano che sarà in distribuzione quanto prima. Ritornando alla sperimentazione italiana i volontari che vi si stanno sottoponendo a Roma, Verona, Piacenza e Cremona sono oltre 600, molti appartenenti alla categoria professionale medica e alle professioni sanitarie in generale.

A loro, esercito silenzioso e salvifico, non può che andare il nostro sentito ringraziamento.